Le 12 parole che le nonne sbagliavano (seconda parte) | Nino Baldan - Il Blog

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Topolini, Kombattini, Bim Bum Bam di Nino Baldan

15 novembre 2014

Le 12 parole che le nonne sbagliavano (seconda parte)

A grandissima richiesta ritorna la rubrica "le 12 parole che le nonne sbagliavano", dopo una prima parte che in soli due giorni si è imposta al primo posto nella classifica dei post più letti di questo blog!


Ecco dunque altre 12 parole italiane e straniere che le mie nonne, madrelingue veneziane, durante la mia infanzia pronunciavano in modo errato.
E forse alcune sono ancora più esilaranti delle prime!


13) "Quivo"


immagine da bytheway.edublogs.org

Il plurale quivi, ovviamente, al singolare diventa quivo.
Nel periodo della mia infanzia, i quivi erano ovunque: sopra le torte, a pezzetti dentro macedonia, oppure intero da sbucciare. Non c'era pasto a casa dei nonni nel quale non ci fossero i quìvi. "Tesoro, vuoi un quivo?"


14) "Giornarradio"

immagine da tvblog.it

In questo caso è facile trovare un retaggio dei tempi andati, nei quali la funzione del telegiornale era invece svolta dal "giornale radio", le cui edizioni cadenzavano il ritmo di vita delle famiglie italiane.
Ma in ogni caso era piuttosto strano avere davanti uno schermo e sentir gridare: "sssss, scomincia el giornarradio!"


15) "Ugoslavia"


immagine da viktorkrum77.deviantart.com

Come ho già spiegato nella puntata precedente, avevo un prozio che viveva a Dubrovnik, e ovviamente non solo il nome della città, ma anche lo Stato doveva essere storpiato, diventando la Ugoslavia. Da piccolo immaginavo un re o un antico fondatore di nome Ugo, Ugo di Ugoslavia.


16) "Punke"


immagine da ilcuoreinpentola.it

Forse non tutti sanno che originariamente il plum cake era una "torta di prugne", come indica la traduzione letterale del termine inglese, ma da mia nonna il punke le prugne non le aveva: c'erano in compenso le uvette. E spesso e volentieri, quando aprivo la porta, avvertivo un piacevole profumo di pasticceria, e le andavo incontro tutto contento: "nonna, hai fatto il punke??" Alcune varianti a seconda delle giornate: dal più fedele plunke allo psichedelico punkle, passando per lo pseudo-francese punkè.


17) "Stànder"


immagine da romagnanoi.it

Anche qui inaspettatamente un punto a favore delle mie nonne: la Standa nacque nel 1931 a Milano con il nome di "magazzini STANDARD", ed il nome venne cambiato in "STANDA" da Mussolini in persona nel 1938, in quanto lo riteneva troppo esterofilo.
C'è quindi un fondo di verità celato nelle loro reminiscenze giovanili, e da Standard a Stànder il passo è veramente breve, in un'inconscia volontà di voler imitare un accento straniero non ben specificato, sicuramente perché più cool.
"Ti vien co mi da Stànder?".


18) "Pippo Baldo"


immagine da lospettacolo.it

Ecco uno dei volti televisivi degli anni '80 (e francamente anche dei due decenni successivi), nei discorsi delle mie arzille nonnine, diventare come per magia Pippo Baldo, causando nella mia mente infantile una sorta di accostamento con il quasi omonimo cane della Hanna & Barbera, Braccobaldo. Saranno stati parenti?
"So qua che vardo Pippo Baldo."


19) "Tubo cattolico"



immagine da sublimina.it

Immedesimandosi nel lessico di una persona anziana, abituata ad assistere alla messa dove si recita "credo la Chiesa, una santa, cattolica e apostolica" (anche senza sapere di preciso di cosa si stia parlando), ci sarà sicuramente stato un nesso tra queste parole e la meccanica dei televisori di allora.
Si sapeva che, quando a rompersi era proprio il tubo cattolico, non c'era più niente da fare.
Forse cattolico era visto come un sinonimo di principale?
La chiesa principale, il tubo principale. Della televisione ovviamente.


20) "SMEK"


immagine da sme.it


Il povero Mussolini avrà avuto anche tante colpe, ma stavolta non c'entra: non ha modificato anche questo nome, come invece fece con la "Standard" del punto 17.
La SME non si è mai chiamata SMEK.
Allora perché le nonne, con orgoglio, riferivano di aver comperato i loro elettrodomestici proprio alla SMEKForse perché SME suonava incompleto?
Volete mettere quanto sembri più chic, più esotico, far sapere al mondo che "oggi andiamo alla SMEK?"


21) "iogu"


immagine da dissapore.it

Lo iogu era quasi sempre alla frutta, oppure poteva essere impiegato, al naturale, all'interno di torte e frullati. Ma si trattava di un alimento decisamente moderno per una famiglia legata alle tradizioni come la mia, e di conseguenza non era sempre presente nei frighi delle nonne. Ma quando c'era, lo iogu veniva sempre proposto con orgoglio, quasi per dimostrare di essere a passo con i tempi.
Ovviamente iogu godeva di una regola grammaticale tutta sua: un iogu, il iogu, i iogu.


22) "Alicia"


immagine da loschermo.it


Il nome Alicia indicava la persona di Cristina D'Avena, probabilmente a causa di un fraintendimento legato alla sua partecipazione nel telefilm "Love me Licia" e successivi seguiti: "Ti vardi ea Licia?" diventò "Ti vardi Alicia?".
La situazione più imbarazzante si verificava quando mia zia entrava con me nei negozi di dischi, intenta a regalarmi un "Cristina D'Avena e i tuoi amici in TV" o un "Fivelandia", chiedendo al commesso "gavè e cassette de Alicia?", suscitando numerose perplessità.


23) "Gucchiaio"


immagine da myrome.org

Nel mio dialetto il cucchiaio si è sempre chiamato "scugèr", e nella mia famiglia il suo equivalente italiano è sempre stato un termine arcano. Magari sentito dire qualche volta in televisione e di conseguenza scimmiottato, senza aver mai capito come realmente si dicesse. "Amore, prendi un gucchiaio."


24) "Cammello"


immagine da cameo.it

La storia di "Cammello" ha qualcosa di unico: è probabilmente la sola parola che subiva un'italianizzazione forzata, quando in realtà in dialetto non era.
"Cameo" suonava troppo rozzo per essere italiano: sicuramente era un brand locale, e se non proprio veneziano, per lo meno veneto.
E parlando con un bambino in età scolare, urgeva una sua lavata in Arno.
"Tesoro, questa torta l'ho fatta io con le mie mani, non è una di quelle del Cammello".

Nino Baldan

leggi la terza parte


Gli altri articoli sulle 12 cose

Le 12 parole che le nonne sbagliavano (prima parte) (12/11/2014)

Le 12 cose che pensavo quando andavo alle medie (06/11/2014)

Le 12 cose che pensato quando ero piccolo (seconda parte) (02/11/2014)

Le 12 cose che pensavo quando ero piccolo (prima parte) (26/11/2014)

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