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29 dicembre 2014

La Turchia e l'Islam (cose turche)

Eccomi pronto a raccontare uno degli aspetti più interessanti del mio recente viaggio in Turchia, ovvero il rapporto tra il paese e la religione musulmana, e di come questo credo si ripercuota sulla vita di tutti i giorni. In molti mi hanno contattato chiedendomi come funzionassero le cose, se ci fossero state restrizioni alla libertà individuale, o se da "infedele" mi fossi mai sentito intimorito o addirittura minacciato.

La Moschea di Saladino

Premetto specificando che, sebbene più del 98% dei suoi abitanti abbracci la fede musulmana, la Turchia è sulla carta un Paese laico, e l'Islam non ricopre nemmeno il ruolo di religione di Stato; questo a causa delle riforme del maresciallo Mustafa Kemal, detto Ataturk ("padre dei Turchi"), il quale, durante la sua carica di presidente dal 1923 al 1938 (anno della sua morte), modernizzò e occidentalizzò la Turchia, staccandola dal mondo arabo ed avvicinandola all'Europa.
Kemal salì al potere deponendo il Sultano Maometto VI e istituì ufficialmente la Repubblica, di fatto un regime nazionalista e populista a partito unico mal visto dai Turchi tradizionalisti e dalle autorità religiose (la Storia è sempre diversa a seconda del punto di vista dal quale la si guarda).

Mustafa "Ataturk" Kemal

Tra le sue riforme voglio segnalare l'istituzione della parità dei sessi, il divieto alle donne di indossare il velo nei locali pubblici (norma abolita solo negli anni 2000), la legalizzazione degli alcolici, la depenalizzazione dell'omosessualità, l'adozione dell'alfabeto latino in sostituzione di quello arabo, la riforma dei cognomi (che obbligava ogni cittadino ad adottarne uno). Mise le autorità religiose sotto il controllo statale, abolì il giorno festivo islamico del venerdì spostandolo alla domenica, ed adottò un moderno codice civile (basato su quello svizzero) e penale (basato su quello italiano).
Furono inoltre adottati ufficialmente il calendario gregoriano ed il sistema metrico decimale.

Morì prima della Seconda Guerra Mondiale a causa di una cirrosi epatica, ed i suoi successori decisero di non schierarsi (se non per aiutare gli Alleati a partire dal 23 febbraio 1945, a giochi già fatti), e nonostante la Turchia fosse gradualmente passata ad un sistema multi-partitico, il mito kemalista è riuscito ad arrivare ai giorni nostri, protagonista di un vero e proprio culto laico. Le effigi di Ataturk sono ancora appese in luoghi pubblici e privati, ed un'offesa rivolta alla sua memoria è ancora considerata reato.

Ritratto di Ataturk in una trattoria

Avrebbe avuto una sorte simile Benito Mussolini se l'Italia si fosse mantenuta neutrale nel conflitto, magari offrendo sul finire della guerra un supporto ad USA e Gran Bretagna?

Tornando a parlare della mia esperienza ad Istanbul, devo dire di essermi trovato in un luogo decisamente moderno ed occidentale, con infrastrutture funzionanti come tram e metropolitana, e dove in una corrispettiva città europea ci aspetteremmo una chiesa, qui c'è una moschea; quando si sentirebbero risuonare all'unisono le campane, qui si sentono i muezzin da diversi minareti richiamare i musulmani alla preghiera.
Le moschee sono sempre aperte anche ai visitatori non-islamici, previa la rimozione delle scarpe (che verranno lasciate all'esterno o poste in un armadietto interno), e al di fuori dei 5 richiami alla preghiera.


La mia visita alla Moschea Blu

La società turca è sostanzialmente laica, il cui rapporto con la religione può essere in qualche modo paragonato all'Italia di qualche decennio fa: le vecchie generazioni, pur non vivendo nell'estremismo, sono le più "bigotte" e "superstiziose", e vivono la propria vita secondo i dettami del loro credo, ma questa visione sfuma man mano che l'età anagrafica diminuisce.

Gli anziani e le persone di mezza età pregano cinque volte al giorno, mentre i giovani si recano alla moschea soltanto di venerdì, non disdegnando di bere alcolici, astenendosene soltanto durante il mese di ramadan (osservato praticamente da tutti).
Una parte delle nuove generazioni segue comunque fedelmente il Corano, con ragazze che coprono il capo con il velo; una situazione simile a quella italiana degli anni '60/'70 con la religione Cattolica ancora saldamente in sella negli usi e costumi, ma con i primi segnali di graduale allontanamento da parte dei più giovani, pur non cadendo nel secolarismo in voga nei tempi recenti. Forse in Turchia si arriverà a questo nel giro di una/due generazioni, venti di estremismo permettendo.

La via dello shopping con le luci di Natale

Com'è possibile che una religione come l'Islam, il cui testo sacro (il Corano), dettato direttamente da Allah in persona al profeta Maometto, e che prevede una chiara ed inequivocabile serie di norme da rispettare (la Sharìa, o "legge islamica") goda di una relativa leggerezza nella sua applicazione?

Bisogna dire che ai tempi della sua prima diffusione (settimo secolo d.C.), l'islamismo prese piede in territori nei quali non esistevano leggi precise ed uguali per tutti, ma regole tribali piuttosto rudimentali ed eterogenee, ecco perché fu subito visto come "codice comportamentale universale", con reati e relative pene ben definiti; a differenza del cristianesimo, che si diffuse in epoca e in un territorio in cui il Diritto Romano era già efficacemente applicato, e che quindi lasciò "a Cesare quel che è di Cesare", disinteressandosi di dettare leggi e dedicandosi esclusivamente ad amministrare la sfera spirituale.

Sostanzialmente un musulmano "moderato" considera giuste le norme imposte nel Corano, ma soltanto come "codice di comportamento etico" (citazione di Tariq Ramadan, docente di Studi Islamici Contemporanei all'Università di Oxford), conscio del fatto che la un Paese moderno abbia bisogno di regolamentazioni più ampie ed aggiornate che vadano al di là del numero di frustate per l'adultero o del taglio della mano per il ladro.
Inoltre, anche le parole del Corano contengono varie eccezioni e contraddizioni, e la mancanza di un'unica autorità religiosa (come il Papa per i cattolici) che possa riunire concili ed emanare direttive più chiare può dare adito a diverse interpretazioni, ciascuna giudicata lecita dal fedele che la osserva.

Arte islamica a Istanbul

Esiste tuttavia un'altra scuola di pensiero islamico, più fedele alle scritture, che vorrebbe fosse praticata alla lettera ogni parola presente nel Corano, in quanto parola di Allah e quindi inconfutabile. Secondo questa filosofia, un fedele dovrebbe astenersi addirittura dall'ascolto di una qualsivoglia musica che 1) descriva persone fisiche 2) sia accompagnata da strumenti diversi dal tamburello; dall'indossare, tenere in casa o anche soltanto disegnare delle figure viventi; dal gioco degli scacchi e/o qualsiasi attività ludica che possa interferire con il pensiero verso Allah; tagliarsi la barba senza motivo; possedere un cane che non sia da pastore o da caccia. Oltre ad auspicarsi che qualsiasi pena prevista nelle scritture sia effettivamente eseguita.

Fontana per le abluzioni fuori da una moschea a Üsküdar

Questa visione, che farebbe sprofondare in un profondo medioevo qualsiasi paese nella quale venisse applicata, è oggettivamente inconciliabile con le dinamiche sociali quotidiane e lavorative di una qualsiasi comunità del ventunesimo secolo: oltre a far regredire l'economia di almeno un millennio, darebbe vita ad interminabili polemiche su "chi sta prevaricando chi" nei confronti dei non-osservanti, in una guerra senza fine.

Se una popolazione consenziente decidesse all'unanimità di ritornare davvero a questo stile di vita, applicando la Sharìa ad un territorio circoscritto senza rivendicazioni di sorta sulle zone limitrofe e sui suoi abitanti…che lo facciano, io non andrei certo ad esportare la democrazia ed i valori occidentali presso persone che non hanno minimamente idea di abbracciarli. Ma la storia non si fa con i "se" e con i "ma", ci sono soltanto problemi concreti da risolvere con soluzioni concrete. 

Ex chiesa di Aya Sofia, convertita in moschea (ora museo)

Concludo ritornando alla nostra Istanbul: il pregiudizio secondo il quale "i musulmani rubano" e "i musulmani violentano" (basato esclusivamente sugli ahimè numerosi delinquenti nordafricani e mediorientali giunti in Italia, di sicuro mal voluti in patria e probabilmente nemmeno religiosi) si è in pratica rivelato inesatto, in quanto né io né la mia ragazza ci siamo mai sentiti minacciati o a disagio passeggiando anche di notte nelle zone non troppo centrali della città. In pratica ognuno si faceva i fatti propri.

Turchi in metropolitana

Le uniche esperienze "negative" sono state all'esterno di due distinte moschee di periferia: nella prima un vecchio barbuto è arrivato urlando come un matto, avvertendoci che avremmo dovuto togliere le scarpe (come se non lo avessimo saputo), e in un'altra l'anziano imam, vedendoci arrivare, ha direttamente chiuso la porta a chiave.
Tutto a causa della superstizione e della scarsa apertura mentale di alcune vecchie generazioni. Le stesse che in una sperduta località della Pianura Padana avrebbero visto con sospetto la visita di due arabi alla chiesetta di paese.

Come ci disse il cameriere del nostro ristorante preferito: "io ho la mia religione e le mie tradizioni, le rispetto e le difendo, ma bisogna guardare avanti, non indietro".


Nino Baldan




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