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24 giugno 2015

Dragon Ball Z (la sigla nel mondo)

La sigla di Dragonball Z nei paesi in cui è stato trasmesso

Dopo una settimana di pausa, ritorna la rubrica "la sigla nel mondo", che oggi analizzerà la seconda parte della serie di Akira Toriyama: quella incentrata sulle avventure di un Goku ormai adulto!

Volete sentire di cosa sono stati capaci gli adattatori davanti ad un anime del calibro di "Dragon Ball Z"? <
Terminata la messa in onda di "Dragon Ball", la seconda serie debuttò su Fuji Television il 26 aprile 1989. Il titolo previsto era "Dragon Ball 2", ma il Bird Studio fraintese un appunto scritto di fretta interpretando il numero come una "Z". Toriyama spiegò invece che l'ultima lettera dell'alfabeto stesse per "il massimo livello di potenza raggiunto dai suoi protagonisti".

Ma andiamo ad ascoltare la sigla dell'anime: la celebre "Cha-la head cha-la", interpretata dall'inconfondibile Hironobu Kageyama.


Dal 91esimo episodio, la sigla diventò "We gotta power", affidata allo stesso artista.


Dal 24 dicembre 1990 la serie sbarcò in Francia all'interno del contenitore "Club Dorothée": i transalpini decisero di affidare ad Ariane Carletti, già interprete del générique della serie precedenteuna canzone nuova di zecca.

E con risultati prevedibili: una filastrocca per bambini... che introduceva una serie combattimenti all'ultimo sangue. Ma a differenza della prima volta, furono adottate sonorità dance.


Dal 1995 i francesi ebbero un'altra sigla: quella di Bernard Minet.


Alla Spagna andò meglio: al pubblico iberico toccò una reincisione di "Cha-la head cha-la",  alla quale venne però affibbiato un testo che mal si adattava alla metrica del brano.


Lo stesso avvenne per la versione catalana.


In America Latina si optò invece per mantenere la base originale, abbinata ad un testo spagnolo che finalmente seguiva il ritmo della canzone. 


Lo stesso avvenne in Brasile, con la sigla che reputo in assoluto la più fedele all'originale.



Una scelta diametralmente opposta la fecero i cugini del Portogallo, che andarono a ripescare e tradurre la prima, cantilenante canzone francese.


Nel 1996, Dragon Ball Z arrivò negli Stati Uniti grazie alla Funimation; per l'operazione la compagnia si avvalse della collaborazione dell'israeliano Haim Saban, già importatore dei "Power Rangers". 

La prima mossa del produttore fu quella di eliminare la colonna sonora originale: al suo posto furono inserite delle composizioni metal di Shuki Levy e Bruce Falconer, giudicate più appetibili per un pubblico a stelle e strisce.
Anche la sigla iniziale subì il medesimo trattamento: fu rimossa e rimpiazzata da un nuovo pezzo: "Rock the Dragon".


L'Italia era uno degli ultimi paesi a non disporre ancora di una versione dell'anime. 

Nel 2000, dopo 11 anni dalla messa in onda giapponese, arrivò Mediaset: il titolo fu modificato in "What's my destiny Dragon Ball" e l'omonima canzone d'apertura fu prevedibilmente affidata a Giorgio Vanni.


Per la melodia fu scomodato il "Canone di Pachelbel", rendendo il brano molto simile a "Go West" - versione Pet Shop Boys.


Memore del capolavoro truzzo/trash della prima serieho tenuto appositamente la Germania come penultimo paese da analizzare. E invece ecco la delusione (o il sollievo, a seconda dei punti di vista): i nostri amici teutonici - che come noi ebbero "Dragon Ball Z" soltanto nel 2000 - non solo ricantarono fedelmente "Cha-la head cha-la"


ma si presero addirittura la briga di tradurre anche la seconda sigla, "We gotta power".


La curiosità di oggi riguarda l'Arabia Saudita, che già nel caso di "Heidi" riuscì a riservarci una bella sorpresa: ecco a voi l'epico canto di battaglia dei guerrieri del deserto, che a suon di scimitarre combattono per l'onore del califfato...ehm, la sigla di "Dragon Ball Z".



Immagine rievocata dlla sigla araba di Dragon Ball Z
immagine da comicvine.com

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