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16 giugno 2020

Il lusso dei grandi alberghi porta ricchezza? La confessione di Jacopo, portiere per 5 anni - su ''La Voce di Venezia''

Molo di San Marco a Venezia

Ci si è spesso soffermati sul turismo "mordi e fuggi" che non supporta Venezia e i suoi abitanti; si è alzata un'invettiva contro i b&b e le affittanze che sottopagano i dipendenti, ma la ricezione "di lusso" porta ancora ricchezza alla città? Sperando sia un caso isolato, ecco la testimonianza di Jacopo, "precario a cinque stelle" nella blasonata hotellerie veneziana tra contratti "stagionali", violazioni della privacy e l'impossibilità di costruirsi una vita.

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Ringrazio come sempre Paolo Pradolin, Mattia Cagalli e la redazione del giornale per lo spazio che mi è stato concesso!

Nino Baldan


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7 commenti:

  1. Io conosco un altro stop&go XD
    Comunque, è brutto quando il lavoro ti ingabbia.
    E soprattutto, quando lo fa e non sei nemmeno pagato il giusto.
    La paga vera, come dico sempre, è il tempo libero che ti resta: qui è impossibile anche programmarlo, rendiamoci conto...

    Moz-

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    1. Hai ragione Miki, la penso anch'io come te...

      I fattori da calcolare son sempre due: paga + tempo libero... e se poi si è arrivati a non avere nessuno dei due vuol dire che siamo messi veramente male :( soprattutto nella "Venezia che vive di turismo" dov'è richiesta una capacità di adattamento degna di un martire!

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  2. Brutta situazione, ricattatoria e disumana. Cosa è diventata questa città 😢?!

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    1. Esatto... il bello è che tanti NON CI CREDONO, ancorati alla loro mentalità "il turismo porta ricchezza" che poteva esser valida fino a dieci, venti anni fa ma NON nella Venezia di oggi...

      Di situazioni simili ne conosco a centinaia (oltre a quelle che ho vissuto sulla MIA pelle): disponibilità 24/7, telefono che suona alle 19:00 perché "bisogna accogliere i turisti", contratti al ribasso, precariato, frasi come "non ti sta bene? ho i curriculum di altre venti persone" o addirittura "reputati fortunato che hai un lavoro".

      Sono giunto alla conclusione che FORSE vivremmo meglio in una città 100% residenziale con le sue famiglie, i suoi orari e le sue professioni (commesso, operaio, insegnante...) ormai del tutto soppiantate dal "pulisci-camere", dallo "scalda-vivande" e dall'"imbusta-magneti" low cost.

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  3. Ho letto l'articolo, ma evito di riportare esperienze personali dando il mio augurio a Jacopo, sperando, nonostante la situazione odierna, stia in una situazione almeno psicologicamente migliore.

    “tutto avviene con il tacito benestare dei dipendenti che sono degli ‘yesman’ impauriti del padrone: è comprensibile per chi ha un mutuo e dei figli ma non per dei giovani che dovrebbero ribellarsi ad un sistema sbagliato e retrogrado dove l’anzianità prevale sulla meritocrazia: è facile trovarsi un incompetente come superiore solo perché assunto da dieci anni”

    Questo è il nocciolo del problema: l'accettazione incondizionata. E non è un problema odierno. Già da metà del secolo scorso (boom economico italiano a parte) i lavoratori italiani avevano questa mentalità. Questi l'hanno tramandata ed è arrivata sino a noi (a me proprio no, e questo lo scrivo con orgoglio e sfacciataggine) perché la paura di perdere un lavoro, il pensiero che sia meglio intascare di meno che non intascare nulla, non ha cambiato nulla. Ha solo peggiorato le cose.

    Se per certi (non tutti) lavori da operaio dove è richiesta solo sana costituzione fisica e voglia di lavorare il sistema dell' "accettazione della nuova schiavutù" è sopravissuto grazie agli stranieri, per gli altri lavori sono gli italiani a tenerlo vivo.

    È un argomento che mi lascia un amaro in bocca che mi porta sempre più a convincermi che le cose si cambiano dal basso, tutti insieme, e non dall'alto. Un governante non fa mai il bene dei singoli, ma i singoli, tutti insieme, possono fare il bene della collettività.

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    1. Perfettamente d'accordo con te... con l'aggravante che avere una specializzazione a Venezia ti può anche tagliar fuori dal mondo del lavoro...

      Una volta portai il curriculum in un pizza-al-taglio e il gestore (Veneziano) mi disse che non mi avrebbe assunto perché "con i miei titoli" appena mi si sarebbe presentata un'opportunità "lo avrei lasciato in braghe di tela" mentre lui cercava "un ragazzo disposto a imparare il mestiere".

      Quell'attività è stata rilevata dai cinesi e dietro il banco non ho più visto un italiano.

      Quasi tutti i miei ex-compagni hanno lasciato la città (tranne forse i "figli dei padroni" che fino all'arrivo del Covid hanno continuato imperterriti ad incassare).

      A Venezia la "manovalanza" è composta al 99% da non-comunitari non-residenti che ogni sera affollano gli autobus per tornare nei loro appartamenti in Provincia (o in Regione) che condividono con i connazionali.

      Ho sentito veneziani elogiare gli stranieri perché "lavorano sodo" senza chiedere "giorni di permesso" o "diritti che non gli spettano".

      Abbiamo vissuto l'ultimo secolo abituandoci a crescenti conquiste economiche, igieniche e lavorative... accettare ora un balzo all'indietro per rimanere "competitivi" è qualcosa che non possiamo e non dobbiamo accettare. Soprattutto se si parla di Venezia, la "perla" del turismo che dovrebbe darci benessere e NON ridurci in schiavitù.

      Che facciamo? Ci "ribelliamo"? C'è sempre qualcuno "al di sotto di noi" pronto a sostituirci.

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    2. Cercava "un ragazzo disposto a imparare il mestiere" o un ragazzo che non aveva qualifiche e sarebbe rimasto a lavorare lì (anche per un misero stipendio) perché non avrebbe mai trovato di meglio?

      A Cagliari, invece, cercano lavoratori qualificati: se c'è qualche straniero come aiuto pizzaiolo o in un ristorante, di solito ha esperienza nel lavoro. Per assurdo è difficile trovare lavoro se non hai specializzazioni (per i lavori di ufficio) o qualifiche.
      I negozi di cinesi (che nell' hinterland sono aumentati in modo esponenziale negli ultimi anni) hanno molto spesso dipendenti italiani come dipendenti (con regolari contratti, e ricevono sempre visite dalla finanza non riscontrando irregolarità tranne qualche volta per prodotti senza marchio CE).

      Quel problema che evidenzi è sempre vivo perché si ciba della povertà che i Paesi occidentali (anche il nostro) hanno e stanno mantenendo viva nei Paesi del Terzo Mondo, e del vizio di molti datori di lavoro a fare l' asta al ribasso, approfittando dei lavoratori che, per sopravvivere, accettano qualsiasi condizione di lavoro.

      Ho scritto lavoratori perché nel meridione, come ho già scritto, sono anche gli italiani ad abbassare il costo del lavoro.
      In Puglia (parlo della mia terra natìa che conosco meglio) i braccianti sfruttati per 3 euro l'ora (in nero) sono extracomunitari, quasi sempre senza permesso di soggiorno (perché ricattabili), mentre i braccianti italiani (circa il 60% forse, visto che il numero dei primi è difficilmente quantificabile) hanno contratti part-time di 3 o 4 ore lavorandone 10-12, ricevendo così paghe dai 3 ai 5 euro l'ora.

      Se vai nel mio paese natìo, e se fermi un qualsiasi giovane (italiano) per strada, hai un' alta probabilità che ti dica che lavora e una probabilità dell' 80% che ti dica che il lavoro è senza regolare contratto.

      "Che facciamo? Ci "ribelliamo"? C'è sempre qualcuno "al di sotto di noi" pronto a sostituirci"
      Esatto. È proprio questo il problema. Nessuno, italiano o straniero che sia, dovrebbe accettare condizioni di lavoro da schiavo ma lo fa perché deve vivere, perché è meglio che non guadagnare niente. Ma sbagliano.
      Chi ha un'attività può avere difficoltà economiche ma troppo spesso (ed è accaduto a me in Puglia e anche qui) finge di averle perché - mi presti Marx il termine - vuole quel plusvalore per poter vivere una vita agiata.

      Oggi, un lavoratore dipendente medio o un datore di lavoro vogliono entrambi NON vivere in maniera dignitosa, ma vivere in modo eccellente.
      Mentre c'è chi non riesce a raggranellare il minimo per vivere e chi arriva a stento al mese successivo, c'è chi ci arriva, ma si lamenta comunque perché era abituato a comprare abiti costosi, a farsi un mese di vacanza in luoghi lontani, a uscire ogni sera mangiando fuori casa al ristorante, a cambiarsi smartphone ogni tre mesi, o avere un'auto nuova.

      L'uomo occidentale non si accontenta più: si lamenta.

      Avrei esperienze personali e di conoscenti da riportare, ma non riporto la vita privata su internet. Ti assicuro che ciò che ho scritto sopra è la realtà.

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